L'uovo di Natale

L'uovo di Natale

Autore: Eleonora Laffranchini
Opera finalista Premio Nazionale Letteratura per l’Infanzia «Sardegna» V edizione 2007 - 2008

L'uovo di Natale

Non era né grande, né piccolo. Si riteneva un tipo “normale”, tanto normale da passare inosservato fra gli altri. Così rimase a dir poco senza parole quando un bel giorno, mentre se ne stava tranquillo, in un angolo morbido e riparato, vide due grandi occhi puntati su di lui e si sentì sollevare verso l’alto.

Lì per lì, fu preso da uno strano senso di vertigine, poi si tranquillizzò e si mise a fissare il ragazzo che aveva di fronte. Si ricordava di averlo già visto prima, veniva spesso da quelle parti insieme ad uomo alto e brizzolato. Gli era anche piuttosto simpatico, ma adesso non capiva perché avesse preso proprio lui fra gli altri.
“Ma sai che sei proprio un bell’uovo!” gli disse il ragazzo, tenendolo delicatamente dentro il palmo della mano. “Non aver paura: ti prometto che non ti mangio.”

A questa eventualità, lui, l’uovo, non aveva neppure lontanamente pensato. Non credeva che gli uomini entrassero nel pollaio e raccogliessero le uova per mangiarle. In realtà, non si era mai chiesto perché le prendessero. Forse quelle sono domande che un uovo ancora fresco e giovane non si pone. Adesso era proprio curioso di sentire il seguito della frase: perché mai l’aveva raccolto allora, mentre se ne stava buono buono al calduccio su un po’ di paglia morbida?
“Sarai un ovetto meraviglioso! Ti decorerò a puntino!”, continuò il ragazzo.
Giorgio infatti era un ottimo decoratore di uova. Aveva iniziato a decorare uova in occasione di una Pasqua e si era talmente appassionato a quell’attività che non aveva più smesso. Decorava uova di tutti i tipi: sode, fresche, di cartapesta. Aveva un amore innato per le uova, ma non tanto per il loro sapore. Lui ne amava la forma. Così particolare, unica, perfetta.

“Come faranno le galline a fare delle uova così belle?” si chiedeva fissando le uova ancora calde, abbandonate qua e là per il pollaio del nonno. Quando era molto piccolo, lo aveva chiesto al nonno, che riteneva il maggior esperto di galline e affini della zona.
“Le galline vanno a scuola per imparare a fare le uova?” Il nonno era scoppiato in una risata lunga lunga, ma Giorgio aveva aspettato pazientemente, convinto che quella fosse una domanda degna di una risposta seria.
Infine il nonno gli aveva detto: “No, le galline lo sanno da sole come fare le uova. E’ una cosa “naturale”, come è stato per te imparare a camminare, e poi a correre e a saltare. Questo perché tu sei un bambino; se fossi stato una gallina avresti imparato anche a fare le uova.”

La prima volta che aveva decorato un uovo si era sentito fiero e contento. Avrebbe voluto che quell’uovo non si rompesse mai e restasse per sempre il suo porta fortuna. Lo aveva appoggiato sul comodino e lo aveva fissato a lungo mentre si dondolava piano piano per trovare la sua posizione. Un giorno però la mamma lo aveva fatto accidentalmente cadere spolverando ed il meraviglioso ovetto decorato si era frantumato in tanti pezzettini irriconoscibili.
Giorgio ci rimase molto male, ma la sua passione per la decorazione delle uova, invece di spegnersi, si rinforzò.

L’uovo che teneva contento in mano avrebbe avuto un significato particolare: doveva diventare un uovo di benvenuto per il fratellino che stava per arrivare. Era davvero ansioso di conoscerlo e di paragonare l’immagine che si era fatto di lui nella sua mente a quella reale. Lo aspettavano a giorni! Sapeva che il fratellino aveva la pelle scura, “caffè latte”, come diceva la nonna con quel termine che gli piaceva tanto perché faceva pensare alla prima colazione ed al profumo dei biscotti. Sapeva anche che veniva da molto lontano, da una nazione di cui non ricordava mai il nome.

“Che bell’uovo!” esclamò la mamma, nel vederlo rientrare con quel tesoro, teneramente custodito tra le mani come un animaletto indifeso.
“Lo decorerò per il fratellino!” rispose orgoglioso.

Intanto l’uovo ascoltava incuriosito e un po’ infastidito dal calore soffocante di quelle due premurose manine. Anche lui, dal canto suo, aveva un sogno: quello di rotolare per il mondo, visitare tanti pollai, conoscere tante galline… Soffriva di doversene stare impaziente fra le mani di Giorgio e dover tenere a bada tutta l’energia che gli scoppiava dentro.
“Ma non poteva raccogliere qualcuno dei miei fratelli?” si chiedeva fra sé, e intanto cercava di sbirciare fra le piccole dita socchiuse per capire dove lo avesse portato.

La casa di Giorgio era grande e calda, molto più calda del suo pollaio, e molto più colorata. Dicembre era cominciato da qualche giorno appena e i primi timidi addobbi di Natale guarnivano le finestre e le porte. Finalmente, Giorgio posò l’uovo su di un vassoio di plastica blu. Lui si sentì libero di “sgambettare” rotolandosi a destra e a sinistra per un po’. Si guardò attorno per bene.

“Bello davvero, questo posto!” si disse, soddisfatto. “Oggi comincia il mio viaggio per il mondo! Il bambino in fondo è stato provvidenziale! Dovevo pur decidermi a lasciare il mio tranquillo pollaio!” Così pensando, cercò di spingersi con un po’ più di forza alla sua sinistra per rotolar fuori dal vassoio. Giorgio spense ogni suo entusiasmo bloccandolo con la mano.

“Attento che ti rompi!” lo sgridò. L’uovo si immobilizzò, mortificato come lo avesse messo in castigo. Non sapeva di esser fragile, nessun uovo lo sa! Così non capiva perché mai avrebbe potuto rompersi soltanto camminando un po’. Intanto Giorgio si era armato di pennelli e colori per iniziare il suo lavoro. Il nonno gli si avvicinò silenziosamente. “Che fai? Decori un altro uovo? Siamo quasi a Natale e sembra tu creda sia Pasqua!” gli disse ridendo. “Quest’uovo è per il fratellino, lo decorerò color caffè-latte, e gli farò due grandi occhi buoni. Vedrai che bello!” Detto fatto, intinse il pennellino nel color nocciola e iniziò a spennellare qua e là l’ovetto sbalordito, che scoprì in quell’occasione di soffrire terribilmente il solletico. Iniziò a ridere e ad agitarsi ma, mentre la sua vocina era talmente sottile da non farsi sentire per nulla, il suo movimento convulso a destra e a sinistra fece sobbalzare anche Giorgio che non capiva cosa stesse accadendo. Nessun uovo si era mai comportato così.

“Che succede, nonno?” esclamò spaventato. Il nonno lo guardò incuriosito, poi guardò l’uovo che si stava ancora agitando più lentamente. “Sembra che l’uovo si muova da solo!” continuò il ragazzo. Il nonno si accarezzò la barba brizzolata. “Che strano! Non mi dire che l’abbiamo trovato proprio noi!” disse divertito. “Ma di cosa parli, nonno?”

“Uhm, riprova un po’ a colorare l’uovo!” Giorgio proseguì, rassicurato dalla vicinanza del nonno e l’uovo riprese esattamente ad agitarsi come prima. “Questa è bella! Vuoi vedere che la leggenda diceva il vero!” continuò il nonno, deciso a stuzzicare la curiosità del nipotino.
“Che leggenda nonno?”
“La leggenda dell’Uovo di Natale. Ricordi? Te la raccontavo quand’eri piccolo piccolo!” “Ma forse ero talmente piccolo che l’ho dimenticata!” ribatté Giorgio. “Raccontamela di nuovo!”

Il nonno radunò un po’ d’idee lì per lì ed incominciò: “La leggenda dice che, fin dalla creazione del mondo, ogni settecentosettantasette anni, nel mese di Dicembre, in qualche angolo del mondo, qualche anonima gallina, in qualche sperduto pollaio, depone un uovo che a prima vista appare normalissimo.” fece una sosta tattica.

“E invece?” lo esortò Giorgio. “Invece è un uovo magico, così magico che chi si accorge di possederlo ha un’occasione irripetibile!”

“Ma cosa sta dicendo, cosa vuol dire “magico”?” pensò l’uovo, insospettito.
“Cosa significa, nonno?” continuò Giorgio.
“Che se questo è davvero l’uovo di Natale, siamo stati baciati dalla fortuna!”

Al solo sentir parlare di baci, a Giorgio scappò una smorfia di disgusto, poi realizzò cosa intendesse dire il nonno, fuor di metafora, si riprese e continuò a incalzarlo con le domande. “Cosa ha di così speciale quest’uovo?”

“Conosci la fiaba della lampada di Aladino?” rilanciò il nonno.
“Certo, ma cosa c’entra?”
“Come cosa c’entra! Ragazzo mio, ti credevo più sveglio! Quella era la lampada di Aladino, questo è l’uovo di Giorgio!” Giorgio cominciava a capire ed era sempre più sbalordito.
“Vuoi dire che quest’uovo può realizzare i desideri? Tutti, proprio tutti?”
“Beh, tutti proprio tutti… no!” rispose il nonno, temendo di avere esagerato un po’.
“E allora quanti?” incalzò di nuovo Giorgio, che ormai si sentiva il protagonista di una fiaba non ancora raccontata al mondo.
“Uno ed uno soltanto!” Il nonno decise di cavarsela così, temendo di aver giocato troppo con la credulità del suo nipotino. “E come avviene la realizzazione dei desideri, nonno?”
“Allora… vediamo se ricordo…” prese un po’ di tempo per escogitare i dettagli tecnici della leggenda inventata di sana pianta. Lo assalì per un attimo il rimorso di essersi preso gioco di lui, ma presto sparì: era convinto che un po’ di magia fosse uno degli ingredienti più squisiti e insostituibili dell’infanzia. Quindi continuò: “Ah sì! Devi mettere il tuo ovetto sotto l’albero di Natale, esprimere il tuo desiderio e aspettare.” “Aspettare cosa?”
“Aspettare che arrivi Natale. Altrimenti perché si chiamerebbe “Leggenda dell’Uovo di Natale?” Durante la notte di Natale, se avrai espresso il tuo desiderio con grande intensità, l’uovo lo esaudirà e se ne andrà rotolando per il mondo… Finisci pure di decorarlo, adesso.”

Il nonno uscì dalla stanza e lasciò Giorgio da solo, con il suo uovo di Natale fra le mani.
“Incredibile! L’ho capito subito che eri speciale, sai!” e così dicendo stampò un bacione sull’uovo che, per la prima volta, udì quello strano rumore di bacio che fa “Smack!” e sorrise dentro di sé!”

Durante il proseguimento dei lavori di decorazione, l’uovo si abituò un poco al solletico e si mosse sempre meno. Così, il risultato finale fu eccellente. Giorgio era pienamente soddisfatto: aveva superato sé stesso. Anche l’uovo, da parte sua, era soddisfatto: con gli occhi nuovi, quelli che gli aveva dipinto Giorgio, vedeva molto meglio perché erano più grandi e in più ora aveva a disposizione anche un nasino niente male che gli permetteva di sentire gli odori e i profumi di quella grande casa. Ed era tutto una novità per lui, vissuto dalla nascita in un pollaio. Così gli era passata la voglia di andarsene e la sua curiosità si concentrava tutta nell’ esplorazione tra quelle pareti dove erano riposti oggetti meravigliosi e vivevano persone interessanti da osservare, compresi un cane e un gatto un po’ troppo invadenti forse, che gli si avvicinavano di tanto in tanto facendogli tanti “snif, snif” intorno.

Uno dei giorni più belli per l’uovo fu quello in cui si allestì l’albero di Natale. Gli parve di assistere ad una vestizione regale in piena regola! Si aprì la porta e fu introdotto un magnifico esemplare di abete. Per fargli spazio, la mamma ed il papà di Giorgio avevano addirittura cambiato la disposizione di mobili e poltrone ed ora lui troneggiava, maestoso, al centro del salotto, come un principe. Giorgio non vedeva l’ora che l’albero fosse decorato per potervi finalmente riporre sotto il suo uovo di Natale. Lui ed il nonno avevano deciso di mantenere gelosamente il segreto finché il desiderio non si fosse avverato. Veramente Giorgio non aveva ancora deciso quale desiderio avrebbe espresso. Non è certo una cosa facile esprimere un solo desiderio! Almeno Aladino ne aveva a disposizione tre! Comunque mancava ancora più di una settimana a Natale e per quella data era sicuro che avrebbe avuto le idee chiare. Al momento dell’accensione delle luci sull’albero, l’uovo si sentì quasi svenire per l’emozione: non aveva mai visto niente di più bello! Avrebbe voluto saltare per la gioia, ma si ricordò dell’avvertimento di Giorgio sulla sua fragilità e se ne stette immobile a seguire con lo sguardo estasiato i disegni e i ricami della luce sui rami addobbati.

A lavoro ultimato, quando anche l’ultima pallina era stata sistemata, Giorgio sollevò con delicatezza il suo uovo. Prese una ciotolina, riempita di paglia gialla e morbida, e lo depose lentamente. Poi sistemò per bene la ciotola sotto l’albero, trovandole un posto d’onore fra i pacchi e i doni di Natale. L’uovo rimase un po’ deluso dal cambiamento di prospettiva (da sotto in su, l’albero non era così entusiasmante), ma fu subito catturato dal tepore della sua paglia morbida e dal calore luminoso delle luci accese sull’abete. Si addormentò con un sorriso beato sulla bocca dipinta.

Intanto, il telefono squillò e la mamma di Giorgio si affrettò a rispondere. Erano tutti in grande agitazione per via dell’arrivo di Dave. Papà e mamma sapevano che sarebbero dovuti partire di lì a poco per andare a prenderlo e finalmente sarebbe stato per sempre con loro. Aspettavano con ansia una chiamata, proprio come il via nelle gare di corsa. Giorgio sperava di poter avere un fratello per Natale. Così chiuse gli occhi e desiderò con tutto il cuore che fosse quella la telefonata che aspettavano.

La mamma tornò raggiante. “Ci siamo! Partiremo martedì! Questo sarà il nostro primo Natale a quattro!”

Giorgio lanciò un’occhiata veloce all’uovo di Natale. Lui se ne stava comodamente adagiato sulla paglia illuminato dal riflesso di mille lucine colorate.
I giorni seguenti furono giorni di intensi preparativi per il viaggio. Giorgio sarebbe rimasto a casa ad aspettare il ritorno dei genitori, insieme ai nonni ed al suo segreto. Era davvero felice: sentiva nell’aria il profumo di un Natale speciale, unico e irripetibile. Infine, papà e mamma partirono, lasciandogli due grandi baci in fronte e una scorta di inutili raccomandazioni. Fu preso da un pizzico di malinconia nel vederli allontanarsi, ma la scacciò subito dai suoi pensieri. Avrebbe desiderato qualche fiocco di neve che rendesse tutto più magico e di lì a poco, incredibilmente, cominciò timidamente a nevicare. Fissò l’uovo sotto l’albero, convinto che in quegli ultimi avvenimenti ci fosse il suo zampino. L’uovo gli fece l’occhiolino per salutarlo, ma fu un movimento così veloce che Giorgio non se ne accorse neppure.

“Nonno, credo che la leggenda non sia del tutto veritiera, sai?” confidò al nonno quella sera.
“Ah no!” esclamò il nonno fingendosi sorpreso.
“Credo che l’uovo di Natale possa esaudire più desideri, non uno soltanto. Io ho desiderato quella telefonata ed ho desiderato che nevicasse e così è accaduto. E guarda caso, giusto appena dopo che avevo riposto l’uovo sotto l’albero di Natale.”
“Beh, non ti resta che vedere cosa accadrà durante la notte di Natale.Ed ora accendi le luci dell’albero perché è già buio.”

Giorgio si affrettò ad illuminare l’albero e notò che il suo uovo si era spostato un po’, con gli occhietti rivolti verso l’alto. Lo prese e lo sistemò di nuovo per bene sulla paglia. Il caldo delizioso delle lampadine accese lo fece sprofondare di nuovo in un bel sonno.

Mancavano ormai soltanto tre giorni a Natale. “Allora, hai deciso per il desiderio, Giorgio?” chiese il nonno curioso, durante la colazione. “Ci sto lavorando, nonno. Ho ancora un po’ di tempo a disposizione e non voglio sprecarlo!”

Il telefono interruppe la conversazione. “Vado io!” si affrettò Giorgio, sperando che fosse la mamma. Infatti era proprio lei, ma la sua voce era diversa, triste, come avesse da poco smesso di piangere e si sforzasse di non farlo capire.
“Cos’hai, mamma?”
“Mi passi il nonno o la nonna, Giorgio?”
“No, voglio che tu parli con me.” obbiettò Giorgio deciso.
La mamma capitolò. Era quasi un ragazzo, in fondo, aveva il diritto di essere trattato come tale.
“Vedi, Dave non sta molto bene. Può darsi che non riusciamo ad essere a casa per Natale, sai? Mi spiacerebbe immensamente non passare il Natale con te.”
“Cos’ha Dave, mamma?”
“Ancora non si sa di preciso. Qui è tutto più difficile. Ora è in ospedale…”
“Non ti preoccupare per me, mamma. Pensa a Dave, adesso. Lo passeremo comunque insieme il Natale, perché quando arriverete, qualunque giorno sia, per noi sarà Natale.”
“Certo, Giorgio: sarà il nostro Natale!” Mentre abbassava il ricevitore, Giorgio provò una sensazione di tristezza infinita, si sentì improvvisamente solo e sperduto. Poi corse a riferire al nonno, che lo abbracciò forte e subito gli sembrò di stare meglio. L’uovo di Natale, invece, cominciava ad annoiarsi un po’ al suo solito posto. Ormai conosceva a memoria ogni cosa lì intorno per averla osservata mille e mille volte con i suoi grandi occhietti dipinti. Avrebbe desiderato andarsene un po’ in giro, ma quando sentiva sul guscio lucido il tepore delle lucine dell’albero, era così intorpidito e tranquillo da non riuscire più a muoversi nemmeno di pochi centimetri. “Sto ingrassando!” pensava tra sé e sé, e gli pareva di scoppiare. “Sarà quest’ozio forzato che mi sta facendo ingrassare!” si diceva, e intanto sentiva gli occhi sempre più pesanti e sprofondava in una rilassante pennichella.

Dopo la telefonata della mamma, l’atmosfera natalizia parve dissolversi, insieme alle ultime pennellate di neve, sciolte dal sole di dicembre. Giorgio non aveva più dubbi sul desiderio che avrebbe espresso la notte di Natale al suo uovo: avrebbe chiesto di essere tutti insieme a festeggiare il primo Natale con un fratellino. Preferì non parlarne con il nonno per paura che dividere quel desiderio con qualcuno lo avrebbe reso irrealizzabile.

L’uovo invece continuava a sonnecchiare tranquillo, sotto le luci ostinate dell’albero, che non riuscivano più a trasmettere gioia.

La vigilia di Natale giunse per la prima volta senza essere desiderata. Per tutti gli anni della sua vita, almeno da quando poteva ricordare, Giorgio aveva atteso la vigilia con trepidazione, come un giorno magico, carico di aspettative e di sorprese. Questa volta invece temeva la delusione di scoprire che l’uovo di Natale fosse solo un semplicissimo uovo di una normalissima gallina del nonno e che tutto fosse solo un’illusione. Avrebbe voluto fermare un po’ il tempo per poterci credere ancora. Ma le ore e i minuti si inseguono tanto più veloci quanto più desidereremmo che rallentassero. La mezzanotte fatidica era ormai vicina. La mamma non aveva ancora telefonato e la notte aveva acceso le luminarie della via. Si udivano le voci dei ritardatari per gli ultimi acquisti che si accalcavano lungo i marciapiedi dei negozi vicini. Giorgio osservava dalla finestra tutte quelle persone indaffarate e pensava al Natale vero, quello che avrebbe desiderato per la sua famiglia.

La nonna aveva cercato di scacciare un po’ della tristezza che aleggiava intorno preparando una cena deliziosa, ricca di ogni squisitezza. Si misero a tavola ed iniziarono a cenare.
L’uovo di Natale li osservava divertito. Non aveva mai visto delle persone mangiare e trovava curioso guardare il cibo sparire lentamente dentro le bocche aperte e osservare il movimento ripetitivo e a volte persino rumoroso delle mandibole. Avrebbe anche lui voluto assaggiare qualche cosa, ma si sentiva già così pieno, come stesse per scoppiargli il guscio! Poi si appisolò di nuovo.

Giorgio non ebbe il coraggio di aspettare la mezzanotte. Fissò a lungo il suo uovo addormentato, espresse di nuovo con intensità il proprio desiderio, lo sfiorò con un dito, ricordandosi della lampada di Aladino, e andò a dormire. L’uovo avrebbe voluto rispondere al suo saluto con un sorriso o un cenno degli occhi, ma si sentiva così stanco, così strano, che riuscì appena appena a sussurrargli “Buonanotte, amico bambino”. Giorgio non lo sentì neppure. Poi sprofondò di nuovo nel sonno e sognò di essere finalmente libero di muoversi, rotolare, saltare e persino correre su due sottili zampettine chiare. Che magnifica sensazione, libero, finalmente, per il mondo!

L’alba: Giorgio aprì gli occhi e fissò il calendario appeso accanto al suo letto. 25 Dicembre: Natale.

“Non per me!” pensò. “Non è ancora Natale per me!” Appoggiò i piedi sul pavimento freddo ed ebbe l’impulso di rimettersi sotto le coperte. Non aveva il coraggio di scendere le scale ed affrontare la realtà. Come aveva potuto un bambino intelligente credere che quello fosse davvero un uovo magico? Era così assurdo! Il nonno si era sicuramente preso gioco di lui ed ora avrebbe dovuto affrontare la dura realtà: “Sto crescendo: non posso più credere a queste cose!”
Buttò all’aria le coperte e si alzò. “A noi, uovo di Natale!”
Scese lentamente le scale, con gli occhi semichiusi. Il giorno non aveva ancora acceso tutte le sue luci e cominciava a scivolare timido dentro le finestre. Non si era alzato ancora nessuno. L’albero di Natale aveva vegliato acceso per tutta la notte ed ora sembrava aver voglia di riposare le sue lucine per un po’. Arrivato all’ultimo scalino, Giorgio sussultò. Qualcuno stava girando lentamente la chiave nella serratura. Pensò a un ladro, uno di quelli che approfittano dei giorni di festa per trovare le persone più vulnerabili. Trattenne il fiato per la paura e si nascose velocemente dietro una poltrona. La maniglia si abbassò pian piano e la porta si aprì lentamente davanti a un bambino minuscolo con due occhi grandi grandi e la pelle caffè-latte. Era stretto fra le braccia della mamma, accanto a papà. Giorgio non riuscì a trattenere un urlo di gioia che svegliò i nonni e si gettò al collo di papà perché lo sollevasse all’altezza di Dave, che era in braccio alla mamma.

“Volevamo farvi una sorpresa! Per questo non abbiamo avvisato. Buon Natale!” esclamò la mamma, con gli occhi stanchi ma felici. Giorgio corse a cercare l’uovo con lo sguardo per ringraziarlo, ma restò di stucco: sulla paglia c’erano soltanto dei frammenti di guscio colorato. Sopra un enorme pacco regalo poco distante zampettava uno stupendo pulcino giallo. Gli parve persino che gli facesse l’occhiolino!

Gli si avvicinò piano piano per non spaventarlo, lo prese delicatamente in mano e lo appoggiò sulla copertina di Dave. “Questo è il tuo primo regalo di Natale, Dave!” gli disse. “E’ unico, non potrai mai averne uno simile per altri settecentosettantasette anni!”

Tutti risero, ma nessuno capì la battuta tranne il nonno che gli scarmigliò affettuosamente i capelli ed aggiunse, sottovoce : “Buon Natale, Giorgio! Tutto è magico, se tu lo vuoi!”

Eleonora Laffranchini

L'autrice è disponibile per Incontri con l'Autore e Laboratori di animazione alla lettura
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