La vera storia di Lucignolo

La vera storia di Lucignolo

Autore: Eleonora Laffranchini

La vera storia di Lucignolo

“Tutti voi sapete cosa accadde a Pinocchio, nel Paese dei Balocchi, dopo che scoprì di avere le orecchie d’asino, ma volete saper cosa accadde realmente a me, povero vecchio Lucignolo? So che qualcuno va a dire in giro che sono morto, ma quello non ero io. Era una controfigura che Collodi ha voluto per farmi sparire dalla storia di Pinocchio.”

“Una controche, nonno Lucignolo? Dai, racconta ! Siam tutti orecchie…d’asino ! Bella battuta, vero ?”

Lucignolo si lisciò la barba bianca con la mano sinistra e si mise a sedere sul dondolo davanti al caminetto acceso : aveva studiato la scenografia nei minimi particolari, fin da quando, pochi giorni prima, si era finalmente deciso a raccontare anche la sua storia perché i suoi nipotini sapessero proprio tutto di quello “scapestrato” di Lucignolo, che altro non è per milioni di bambini al mondo.

Si diede una leggera spinta con i piedi e prese a dondolare lentamente...lentamente...così lentamente che i nipotini incuriositi iniziarono a sbuffare : “Allora, nonno, vuoi raccontare o no ?”

“Certo, certo, un momento ; voglio che tutto sia perfetto per il mio racconto, devo iniziare per bene !”
Respirò profondamente ed incominciò : “Beh, ragazzi, che in passato io non sia stato quel che si dice “uno stinco di santo” non ve l’ho mai nascosto e, specialmente, non l’ha mai fatto vostra nonna...ma, anche io ho qualcosa da dire sulla vicenda, quella del Paese dei Balocchi, intendo. L’idea di andarvi, è vero, fu mia : il povero Pinocchio era così ingenuo e poco informato che neppure sapeva dell’esistenza di un luogo tanto meraviglioso e, devo dire che, finché è durata, la vita nel Paese dei Balocchi, è stata un’esperienza fantastica !” Gli occhi del nonno scintillavano come le piccole faville nel camino.

“Cosa facevate, nonno ? Racconta !”

“Ogni bambino decideva per sé, si andava a dormire quando se ne aveva voglia, ci si alzava quando si voleva, si faceva colazione con quello che si desiderava. C’erano certi dolci che nemmeno vostra nonna è mai riuscita ad eguagliare !” La nonna fece capolino dalla stanza accanto. “Beh”, continuò Lucignolo, “altri invece non potrebbero neppure essere paragonati a quelli di vostra nonna...”

“E poi ?” I nipoti erano sempre più impazienti.

“E poi, giocare, giocare, giocare, non si faceva altro : si andava alle giostre, al parco dei labirinti, a pattinare sul ghiaccio...”

“E non vi stancavate mai di fare tutto questo ?” chiese il nipote più grande.

“Quando uno si stancava, cosa che, in rari casi, poteva anche accadere, c’era un luogo fatto apposta per gli “stanchi”. Lo chiamavamo “l’angolo del dolce far niente” ed era un bel prato con grandi amache appese a possenti rami di quercia e lì, uno si cullava con i suoi pensieri finché non gli tornava la voglia di giocare. Allora, schizzava su come una molla e via !”

Ci fu una breve pausa.

“Per tornare a quel famoso giorno”, continuò Lucignolo, “tutto sembrava andare come al solito. Mi ero alzato alle undici con una fame da lupi e sapevo che ad aspettarmi c’era un meraviglioso dolce alla panna appena sfornato. L’unica cosa strana era la mia testa : mi sembrava più pesante del solito, ma non ci feci caso finché non iniziò a prudermi l’orecchio sinistro. Immaginate che sorpresa quando mi accorsi di dover grattare un orecchio di almeno trenta centimetri ! Poi, arriva Pinocchio con un cappello in testa, tutto arrabbiato come fosse colpa mia per le sue orecchie !Un secondo dopo, schizza via come un sapone bagnato e da allora non l’ho più visto. So tutto ciò che gli è accaduto, però, perché ho letto il libro delle sue avventure ; io non ci faccio una bella figura in quel libro, vero ? Forse è per questo che Collodi ha deciso di farmi uscire di scena, eh?”

I nipoti lo fissarono un poco imbarazzati : “E tu che hai fatto nonno ?” chiese il più piccolo.

“Io non persi la calma : mi avvicinai allo specchio e mi osservai attentamente. Poi mi accorsi della coda e lì fui preso davvero dal panico e mi misi a ragliare ! Mi guardai attorno : tutti i miei compagni erano diventati asini e stavano per essere caricati su dei grossi carri per bestiame. No, pensai, Lucignolo non sarà caricato su un carro come un asino qualunque ! Eh sì, figlioli, vostro nonno sarà stato anche un asino, ma un asino di rara intelligenza. Pensateci un momento : come potevo distinguermi da tutti quei bambini-asini ? Comportandomi come un asino vero, cioè, intendo, un asino nato proprio già asino ! Così, con disinvoltura passai accanto ai miei compagni che scalciavano e ragliavano come pazzi. Uno degli omoni che si occupava del trasporto mi additò e si mise ad urlare : “Chissà cosa darebbe quell’asino per trasformarsi in bambino e voi, sciocchi che non siete altro, avete fatto di tutto per diventare come lui ! Ah, ah, ah !”

Piano riuscito, pensai, e in men che non si dica - a volte è utile avere quattro zampe - fui fuori dal Paese dei Balocchi. La strada era deserta ed io desideravo soltanto una bella carota. Ed ecco che, in fondo, riuscii a distinguere sulla destra un enorme campo di carote ! L’acquolina mi salì dalla bocca fino alla punta della orecchie e iniziai a correre. Ma, ad un tratto, mi arrestai di colpo : che cosa sto facendo, pensai, mi comporto come un asino ! Io odio le carote ! Tutto mi diventò chiaro : se voglio tornare ad essere Lucignolo, non devo in nessun modo accettare di essere un asino. Mai e poi mai mangerò una carota, esclamai !”

“Che forza, nonno !” fecero i nipoti in coro.

Lucignolo si riempì d’orgoglio, fece una piccola pausa per riprendere fiato e ricominciò.
“Mentre proseguivo il mio solitario cammino, vidi da lontano una giovane signora avanzare nella direzione opposta. Quando fummo vicini la riconobbi : era la mia maestra ! Quella terribile donna che aveva cercato in tutti i modi di farmi imbrattare fogli con il mio nome ed insegnarmi a leggere assurde storie, scritte con dei segni incomprensibili. Che bisogno c’è, pensavo io, di imparare a leggere, quando si sa tracciare qualche riga qua e là e comporre delle forme? Se vuoi dire a qualcuno “casa”, prendi un calamaio, un po’ d’inchiostro e gli fai un disegnino ! Che sarà mai ! Beh, per farla breve, mi stupii io stesso della mia reazione davanti alla maestra : invece di fuggire, come avrei fatto in condizioni normali, mi venne una voglia infinita di abbracciarla e così feci, o meglio, cercai di fare. Lei, quando si vide arrivare un asino a tutta velocità, si mise ad urlare e se la diede a gambe. Io restai lì, muto e triste, pensando a quanto volevo bene alla mia maestra e alle sue incomprensibili letterine !”

“Che storia triste, nonno !” il nipote più piccolo cercava di trattenere sulla punta delle ciglia un paio di calde lacrimucce.

“Mentre mi affliggevo per il mio triste destino, sentii qualcuno battermi sulla groppa amichevolmente. Pensai subito a Pinocchio e mi voltai ma, davanti a me, c’era un uomo grande e grosso con due mani callose e una camicia a quadri. “Ehilà, bel ciuchino ! Se te ne vai a zonzo solitario, ho io da darti una casa e un bel lavoro !” Detto fatto, mi mise una corda intorno al collo e mi tirò fino alla sua fattoria. Bel posto, in verità, non ho niente da dire a riguardo, ma per un asino ! Quando cercò d’infilarmi nella stalla, decisi che lì avrei dovuto sfoggiare tutta la mia abilità d’attore : mi misi a scalciare, a ragliare disperato, m’inginocchiai, cercai anche di versare qualche lacrima, ma, avete mai visto un asino piangere ? Niente ! Il contadino non capiva ! Eppure era chiarissimo che non avevo alcuna intenzione di passare la notte lì, su un mucchio di fieno ammuffito. Infine, l’uomo perse la pazienza, mi spinse dentro e sprangò la porta della stalla.”

“Povero nonno ! E passasti tutta la notte da solo, al buio, in una stalla ?” chiese preoccupato il nipote mezzano.

Allora non conosci quella vecchia volp...beh, quel vecchio asino di tuo nonno ! Io provai e riprovai finché non riuscii ad aprire la porta e l’indomani, sapete dove mi trovò il vecchio, che non riusciva a credere ai suoi occhi ? Nel comodo lettuccio che era stato di suo figlio, prima che si sposasse. Diamine, ero un bambino, io, mica un asino da dormire in una stalla ! Quella prima volta, la moglie del contadino si arrabbiò un po’, ma io ero talmente ostinato che dovettero rassegnarsi e rinforzare il letto con delle assi ben solide, prima che, una notte o l’altra, finisse in pezzi. L’umiliazione più grande, però, la provai quando il vecchio cercò di attaccarmi ad un carro per poter portare la legna al paese vicino. Dovetti faticare parecchio, ma alla fine capì che il carro non era fatto per me, o io non ero fatto per lui e mi lasciò in pace. Povero vecchio, faceva chilometri a piedi con la cariola per trasportare la legna ed io stavo a guardare. Dentro di me, però, pensavo : “Se torno bambino, vedi come ti aiuto, caro vecchio ! (Io lo consideravo un po’ come un nonno ormai !). Quella legna te la porto tutta io e tu non dovrai far altro che riposarti”. Ma tirare il carretto, no e poi no : avrebbe voluto dire rassegnarsi ad esser un asino ! Anche la vecchia Maria, ormai, aveva capito che le carote e quella robaccia da asino non mi andavano giù. Avevo fatto tanto di quel baccano che ora mi preparava pranzetti come polenta e funghi, pasta e fagioli e, a volte, anche la torta di mele. Devo dire che sono stato proprio un asino fortunato.”

“Nonno, ma non ti veniva mai voglia di parlare con loro ?” chiesero i nipoti sempre più ansiosi di conoscere il passato di nonno Lucignolo.

“E come no ? Facevo certe ragliate ! Ma, niente ! Non mi riusciva di dire neanche una sillaba ! Mi venne persino una gran voglia di imparare a leggere, pensate un po’ ! Quando il nonno apriva il giornale, io mi avvicinavo dalla finestra, mi sporgevo con il muso e osservavo attentamente quelle lettere in fila, sperando che un giorno mi avrebbero svelato il loro segreto. “Se torno bambino”, pensavo, “le voglio imparare proprio tutte quelle letterine, una ad una, voglio poter leggere tutto quello che c’è scritto al mondo !”

“Che ci facciamo con un asino che non fa niente per sembrare un asino ?”, disse un giorno Maria al marito. “Vendiamolo, almeno ne ricaveremo qualcosa !” Io mi sentii raggelare il sangue nelle vene, ma poi lei mi guardò, mi fece un sorriso dolce dolce e disse : “Però, è così carino... che faremmo senza di lui ?”

“Che brava nonna ! Ti voleva davvero bene, eh ?” commentarono i nipoti.

“Insomma, ragazzi, per farla breve, io da asino mi comportavo come un bambino più di quando ero davvero un bambino, perché allora, in realtà, sembravo proprio un asino. E tanto feci per far capire a tutti e ricordare a me stesso che dentro quell’asino c’era un bambino, che un bellissimo giorno, mi risvegliai di nuovo bambino. E la cosa meravigliosa fu che non ero più un bambino solo : avevo due nonni che mi adoravano fin da quand’ero un asino, pensate un po’ quanto bene mi vollero quando mi trovarono bambino ! E così, ragazzi, crebbi e lavorai in una bellissima fattoria, imparai a leggere e a scrivere con grande soddisfazione e, anche se non ho ancora letto tutto quello che è stato scritto al mondo come avrei voluto, penso di essere a buon punto. Poi conobbi la vostra bellissima nonna e il resto lo sapete...una vita tranquilla ed onesta, come quella di tanti altri nonni. Ora, su, si è fatto tardi, tutti a nanna ! Lo spettacolo è terminato !”

“Uau, avere un nonno che è stato un vero asino ci rende nipoti unici al mondo, non credete fratelli ?” commentò orgoglioso il più grande dei tre.

“E io spero di non diventare mai l’unico nonno al mondo ad avere tre nipoti asini !” disse Lucignolo ridendo ed augurò a tutti la buona notte con un tenero buffetto sulle guance.

Eleonora Laffranchini

L'autrice è disponibile per Incontri con l'Autore e Laboratori di animazione alla lettura
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